martedì 11 marzo 2014

Lourdes : la gioia della conversione


Joie
Cosa vengono a fare a Lourdes tutti questi pellegrini di ieri e di oggi? Lourdes, il suo pellegrinaggio, e la sua Grotta: nessun uomo ne ha avuto l’iniziativa. Le generazioni passano. Il luogo rimane. E le folle   continuano ad accorrere. In cerca di gioia e di un po’ di consolazione nel corso di una vita in cui le pene, come il fango del Gave in piena, ricoprono la sorgente, pellegrini o turisti, bighelloni o curiosi, cristiani o non, atei o religiosi, tutti vengono a cercare in questo incavo della roccia qualche cosa in più che innalzi il cuore ad una vita in cui la sofferenza è fin troppo presente.

Per la gioia cercata, c’è la gioia offerta. Non dirà forse Bernadette: “La Grotta era il mio cielo.”? I diciotto incontri con la bella Signora sono stati di gioia e di sorriso, di amicizia condivisa e di colloqui tanto semplici quanto profondi. Eppure la Signora non prometterà la felicità in questo mondo, ma nell’altro. La gioia vera è realista. Essa ci ancora nella gioia del realismo della nostra quotidianità assunta nella fede e nella ragione. Maria, da vera madre ed educatrice, promette la gioia e apre il cammino verso questa felicità eterna. Lei ci ricorda a Lourdes ciò che affermava Paul Claudel: “La gioia è la prima e l’ultima parola del Vangelo.” La gioia del Vangelo, sgorgata dall’Incarnazione del Verbo, dalla sua missione tra noi, dalla sua croce e dalla sua risurrezione.

Pellegrino della terra e del cielo, non  dimenticare la tua condizione di viandante d’eternità. Avanza con coraggio sul cammino del Vangelo fatto di gioia, di conversione e di penitenza. Infatti la sola tristezza degli incontri tra la Prima Signora del cielo e la piccola bigurdana di Lourdes sarà l’evocazione del peccato, vero ostacolo per la gioia promessa. Maria è venuta nel bel mezzo del 19° secolo per invitarci alla gioia. Questa non si contrappone alle scoperte della scienza e della ragione, ma le armonizza col  senso autentico dell’uomo, di ogni uomo e di tutto l’uomo.

Questa gioia di eternità è insieme dono e frutto della nostra conversione.

1. Sorpresa dalla luce, Bernadette riceve il suo cammino di conversione

La conversione non consiste anzitutto in cose penose da fare o da vivere, ed è ancora meno una  iniziativa personale. E’ dono ricevuto, per lo più con nostra grande sorpresa. La conversione è risposta a un appello che viene dall’alto, appello a vivere del Regno che ci sorpassa, ci precede e abita tra noi. “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi, e credete nel Vangelo.” (Mc 1, 15)

1) E’ SEMPRE DIO CHE HA L’INIZIATIVA

Joie
La lunga storia di Israele e della Chiesa testimonia la prevenienza di Dio che sempre ci precede per pura grazia.

Chi è Debora, questa profetessa che sorprende i  suoi, più di un millennio avanti Cristo, per condurli alla vittoria? I suoi fratelli si ribellano ai re cananei di cui sono schiavi. Ed ecco che la liberazione è loro data contro ogni attesa. Quale gioia! “… là essi proclamano le vittorie del Signore, le vittorie del suo potere in Israele! … Destati, destati, o Debora,  destati, destati, intona un canto! … Zabulon è un popolo che si è esposto alla morte, come Neftali sui poggi della campagna! Vennero i re, diedero battaglia, combatterono i re di Canaan a Tanaac, presso le acque di Meghiddo … Il torrente Kison li travolse, torrente impetuoso fu il torrente Kison! …  Anima mia, marcia con forza!” (Gdc 5, 11-12; 18-19; 21)
Chi è Mosè, questo sconosciuto (Es 2, 14: “Chi ti ha costituito giudice e capo tra di noi?”), che diventa giudice tra i suoi fratelli, strumento di Dio per fare  uscire un popolo di semi-nomadi dal giogo del   Faraone attraverso le acque tumultuose del Mar Rosso? “Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: “Voglio cantare al  Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e  cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. E’ il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!” (Es 15, 1-2)
“Tu, chi sei ?” domandano gli inviati dei capi dei sacerdoti a Giovanni Battista sulle rive del Giordano. “Chi sei, dunque? gli domandarono. Sei tu Elia?... Sei tu il profeta? Che cosa dici di te stesso?” (Gv 1, 19-22)
Anche Gesù sorprende i suoi ascoltatori e si sente rivolgere le stesse domande: “Spiegaci con quale  autorità fai queste cose, o chi è che ti ha dato questa autorità.” (Lc 20, 2)

2) ALLA GROTTA, L’INIZIATIVA VIENE DAL CIELO

Joie
Bernadette è sorpresa dalla venuta della bella Signora. Da questo giovedì 11 Febbraio la gente intorno a lei si interroga sull’identità e le ragioni della visita celeste. Chi è questa Signora? Che cosa vuole fare? Qual’è il suo nome? Ha un messaggio da comunicare? Alla domanda del suo nome, la Signora non si svela: “Non è necessario” dice. Come Gesù, suo Figlio, che non si rivela ai curiosi. Maria non vuole soddisfare la curiosità umana. Ella invita Bernadette a venire, a vedere e a rimanere alla sua presenza. “Volete farmi la grazia di venire qui per quindici giorni?” Atteggiamento simile a quello dei discepoli del Battista quando vengono da Gesù: “chi cercate?” chiede loro il Signore. “Dove dimori?”

…“Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava, e quel giorno rimasero con lui.”  (Gv 1, 38-39) Bernadette, venendo a vedere la bella Signora e rimanendo a lungo con lei, vive, scopre e  approfondisce il cammino della vera felicità, che è intimamente legato alla sua conversione. Non è lei ad avere l’iniziativa. Lei deve imparare a riceverlo  come una grazia.
Gli eredi del popolo d’Israele, con Debora e Mosè, i discepoli del Battista come quelli di Gesù sono stati  sorpresi. Anche Bernadette è sorpresa da una vittoria inattesa sulle tenebre della sua vita. Sfolgorio di una luce che ricolma ben oltre tutto ciò che lei avrebbe potuto immaginare. Dio vuole la felicità del suo popolo. Gesù lo dice con tutta la forza del suo amore per noi: “Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza… Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.” (Gv 10, 10 e 15, 11)
Certo, Bernadette è già abitata dalla fede cristiana e impregnata dell’amore della sua famiglia, ma insieme a loro è nella miseria. Viene a cercare qui qualcosa per potersi nutrire appena appena un po’ meglio.  Colui che disse un giorno a Mosè: “ Ho osservato la miseria del mio popolo...” (Es 3, 7) ci disse un giorno  attraverso Gesù: “Nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16, 22) Non dice forse, per bocca della bella  Signora, a questa bambina della Bigorre: “Ho visto la miseria di questo secolo e la tua. Vi invito alla gioia nel cammino della vera libertà”?

3) UN INVITO A ORIENTARE LA PROPRIA VITA VERSO DIO

Joie
L’appello di Dio alla gioia è un cammino di conversione. Le parole penitenza e conversione, nella Bibbia, sono simili. Significano: rivolgersi verso. Convertirsi è rivolgersi verso Dio. Mentre il cuore dell’uomo può essere preso e soggiogato da tanti desideri o bisogni, pur  pienamente legittimi, ecco che Dio lo sorprende per orientarlo verso lui e ordinare tutte le cose in lui, per lui e con lui.

Avere il cuore rivolto a Dio, inclinare il proprio cuore verso il Signore, è il grande desiderio e l’ideale di ogni pio ebreo. Lo stupendo salmo 119 (118) che canta le lodi della Legge divina si esprime così:  “Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti e non verso il guadagno … Ho piegato il mio cuore a compiere i tuoi decreti, in eterno, senza fine.” (Sal 119 (118) 36; 112) Il salmista sa perfettamente che la conversione, rivolgere il cuore a Dio, è un dono. La sua lunga e perseverante preghiera domanda insistentemente il dono della conversione.
Questo dono è la conseguenza dell’iniziativa divina che ci viene incontro per farci uscire dalle nostre  miserie, tra cui la più grande è quella di avere il cuore distolto da lui. Ora, conservare il cuore orientato  verso il Redentore non è una grazia da meno. Gli ebrei, come noi, fanno l’esperienza di essere un popolo dalla dura cervice. Grideranno al Signore dopo l’esilio di Babilonia, esilio che considerano una  conseguenza della loro infedeltà: “Mi hai castigato, e io ho subito il castigo come un torello non domato. Fammi ritornare, e io ritornerò, perché tu sei il Signore, mio Dio!” (Ger 31, 18) E, a prova che la conversione è un dono indispensabile per realizzarsi, Dio in persona si impegna a cambiare il cuore di pietra in cuore di carne perché aderisca a lui senza riserve: “Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro  di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, perché seguano le mie leggi, osservino le mie norme e le mettano in pratica: saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio:” (Ez 11, 19-20) Dio ha  realizzato la sua promessa nel suo Figlio Gesù: “ ...la sua grazia è stata rivelata ora, con la  manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte, e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.” (2 Tm 1, 9-10) In Gesù, il nostro cuore è restaurato, guarito, trasfigurato.
Da allora, la vita quotidiana acquista senso. Si ritrova illuminata da un orientamento previo, alla sorgente dell’essere, orientamento del cuore che conferisce una direzione e un senso a tutto ciò che noi abbiamo da vivere. Il nostro cammino è illuminato dalla parola di gioia e d’amore del Dio vivente al quale risponde un cuore che si inclina verso di lui per mettere in pratica ogni sua volontà.

4) LA CONVERSIONE, UN APPELLO E UNA GRAZIA OFFERTI ALLA NOSTRA LIBERTÀ

Joie
Bernadette riceve questa grazia incontrando la bella Signora. In questa visita di grazia ella può orientare  con fermezza la sua vita verso la Luce che  contempla, e inclinare il suo cuore verso la volontà che le è manifestata, per decidersi a vivere di questa luce. Lei per prima è stata sorpresa, perché come avrebbe potuto immaginare di fare un incontro simile andando alla Grotta per alleviare un po’ la sua  miseria? Il cielo si è chinato su di lei per invitarla a rispondere all’appello del Signore che proclama il Regno e la gioia della conversione senza la quale le gioie di questa terra non possono  acquistare la loro dimensione.

Tutto questo le è donato, ma è un dono che rispetta la sua libertà: “Volete farmi la grazia…” le domanda la Bella Signora. Bernadette diviene debitrice insolvente. (Mt 18, 23-34 Parabola del debitore insolvente)
Anche noi con lei riceviamo la luce che non manca in nessuna esistenza. Abbiamo il coraggio di lasciarci convertire. Abbiamo il coraggio di rivolgerci verso colui che ci attende sempre. Abbiamo il coraggio di farlo per la nostra vera felicità.
Suggerimenti per meditare e vivere il pellegrinaggio
    • Quali sono, nella mia vita, i momenti di grazia nei quali sono stato tanto sorpreso quanto felice?
    • Non ho riconosciuto una visita di Dio?
    • Che ne ho fatto? Come ho cercato di rispondervi?
    • Quale miseria, o quali mali mi attanagliano e mi spingono a venire a Lourdes?
    • Quale speranza mi guida?
    • Sono pronto a lasciare che le mie attese si trasformino?
    • Sono disponibile all’incontro e all’inaspettato di Dio nella mia vita?
    • Chi è Gesù Cristo per me? Quale volto ha per me? Quello della gioia, della paternità che guarisce, solleva e educa, o quello di un moralizzatore noioso?

2. Gioia dell’incontro e promessa di felicità per Bernadette

Dio sorprende il suo popolo e gli fa il dono di rivolgersi a lui, di sceglierlo, per gustare la gioia di  appartenergli e di arricchirsi di lui nel cuore delle sue realtà quotidiane, che sono già espressione dei  suoi doni. Approfondiamo la scoperta di questa vera gioia che ci chiama a conversione, a orientare la nostra vita a Dio. E’ gioia per ognuno di noi incontrare il volto d’amore unico di Dio, e scoprirsi amati in  tutta l’estensione della nostra umanità e della nostra vocazione a essere figli della luce.

1) GIOIA DI ESSERE AMATO, ATTESO, SPERATO

Joie
Bernadette è colma di gioia per l’incontro che vive.  Non conosce le parole del catechismo. In un certo senso, è meglio. Queste parole le saranno date più tardi per illuminare e capire la sua esperienza. La  gioia non si insegna. E’donata quando l’incontro è vero. Dio non è una teoria, né un concetto. Deve essere scoperto. Ci attira e ci interpella. L’amore non si dimostra. Si sperimenta. Nessuna  conversione arriverà alla fine di un discorso, ma  come frutto di una esperienza, a meno che questo discorso sia esperienza di una parola che tocca i  cuori nella verità sotto l’influsso della grazia.

E’ andando a ritroso e con le parole della Bibbia che si può dire che Bernadette contempla, nella bella Signora – con una contemplazione che è  esperienza di vita sia nel più intimo dell’anima che di tutto il corpo – tutto ciò che Dio vuole realizzare in ognuno di noi, tutto ciò per cui Dio ci ha creati. San Paolo lo esprime con parole molto dense: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione  spirituale nei cieli in Cristo.In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.” (Ef 1, 3-6)
Le parole dell’Angelo Gabriele alla Vergine Maria esprimono la stessa realtà: “Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te …” Maria è stata salvata essendo preservata. Noi lo siamo essendo guariti, risollevati dal peccato. Dio ha creato tutti noi per essere, di fronte a lui, di fronte gli uni agli altri, nella luce della sua grazia, che è la sua propria vita. Quando alla 16a apparizione Maria dice il suo nome: “Io sono  l’Immacolata Concezione”, non dice altro che il progetto d’amore di Dio su tutto il creato di cui ella è il primo e più bel frutto. Maria, “più giovane del peccato”, dice Paul Claudel. Rivelando il suo nome, Maria  dice chi siamo noi per Dio. Contemplando Maria, noi possiamo affermare che né la miseria, né il peccato,  né la morte hanno l’ultima parola sulla nostra esistenza. L’ultima parola appartiene a Dio.

2) UNA PROMESSA CHE È PELLEGRINAGGIO

Un incontro, una inversione, una alleanza simili richiedono tempo e pedagogia. Ora, in questo 21°  secolo, tutto cammina molto velocemente. Già nel 19° secolo tutto incominciava ad accelerare. Oggi, la rapidità delle comunicazioni legata ai mass-media troppo spesso manda in corto circuito nelle nostre  pratiche e nel nostro spirito l’esigenza della durata per consentire ai rapporti tra le persone di maturare. Con un clic di computer si può andare all’incontro di un amico che è dall’altro capo del pianeta, ma ciò  non impedirà che, per un rapporto profondo, bisogni prendere tempo, e intanto, non si possa andare  all’incontro di nessun altro. Si può abbreviare il tempo della programmazione di un’automobile grazie a tutto il virtuale permesso dall’elettronica, ma non si potrà mai abbreviare il tempo della gestazione di un bambino nel seno di sua madre, né le tappe della crescita umana in vista di una bella maturità. Se  convertirsi significa rivolgersi verso qualcuno, in questo caso convertirsi a Dio, per conoscere una persona e incontrarla nella verità, non economizzeremo il tempo, sia che si tratti del kairos, o momento propizio, o dell’economia della durata nel tempo, il chronos.
Joie
Le prime parole della bella Signora a Bernadette, il giovedì 18 febbraio nella terza apparizione, sono significative di questo spirito che rispetta il tempo necessario a un incontro vero, ma anche la natura umana nel disegno di Dio, natura costruita per vivere l’Alleanza nel tempo. Bernadette le domanda il suo nome porgendole il necessario per scrivere.  La Signora risponde: “Non è necessario... Volete farmi la grazia di venire qui per quindici giorni? Non vi prometto la felicità di questo mondo, ma dell’altro.”  Tre parole che sono strettamente  collegate tra loro, e che esprimono con chiarezza la gioia alla quale Bernadette è invitata.

Non è necessario conoscere la carta d’identità di  una persona per incontrarla. Troppe parole vuote e chiacchiere nei nostri incontri ci lasciano vuoti e  senza la gioia della comunione. Ci si lascia senza essersi arricchiti gli uni gli altri. Ci si è solo distratti insieme. … quando non ci si è fatto del male …  Maria, figlia del suo popolo, ridice a Bernadette ciò che Dio dice al Sinai a Mosè, quando questi gli domanda il suo nome Questo nome, Yahvé, il tetragramma sacro, può essere tradotto: “Io sono  colui che sono. Io sono colui che sarò o ancora io  sarò colui che sarò.”  (Es 3, 14-15) Ciò significa: è camminando con me che tu saprai chi sono. Ciò che io sono  sorpassa tutto ciò che io posso dare o dire, dice Dio; è nell’esperienza del cammino e del fianco-a-fianco, del faccia-a-faccia che tu saprai chi sono io, dice il Signore.
Il popolo d’Israele ha così vissuto un lunghissimo pellegrinaggio per imparare chi è Dio, chi è questo Dio  meraviglioso che lo ha liberato da ogni forma di schiavitù. Con l’alternarsi di periodi felici e periodi  dolorosi, la marcia di Israele attraverso venti e maree della storia ha forgiato un popolo che ancora oggi,  dopo quattromila anni, non conosce gioia più grande di quella di confessare il nome impronunciabile di Dio. E’ la sua forza e la sua identità.

3) UN PELLEGRINAGGIO CHE È CONVERSIONE

Joie
Bisogna anche che questa confessione sia
un vero ascolto, una svolta del cuore che
orienta tutta una vita. Ecco dunque che
ciò richiede, da parte di Israele, come anche
di noi stessi, una conversione, un capovolgimento
del cuore: “Ascolta, popolo
mio: contro di te voglio testimoniare. Israele,
se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo
a te un dio estraneo, e non prostrarti a un
dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto: apri
la tua bocca, la voglio riempire. Ma il mio
popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele
non mi ha obbedito: l’ho abbandonato
alla durezza del suo cuore. Seguano pure i
loro progetti! Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie! Subito
piegherei i suoi nemici e contro i suoi
avversari volgerei la mia mano; quelli che
odiano il Signore gli sarebbero sottomessi e
la loro sorte sarebbe segnata per sempre. Lo
nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei
con miele dalla roccia.” (Sal 81, 9-17)

“Volete farmi la grazia di venire qui per quindici giorni?” Quindici giorni per ascoltare il cielo. Quindici giorni sono lunghi per una bambina di quattordici anni, quando la malattia e la fame ti attanagliano, e  d’inverno, la mattina presto è piena dell’umidità del Gave. Quanti interrogativi sorgeranno nell’ambiente di  Lourdes a proposito di questo appuntamento, della sua durata e del suo luogo! Cosa succederà? Quindici giorni per fare che cosa? Quindici giorni? E perché non tre, o quattro? Che idea avere scelto  questo luogo di miseria e nessun altro posto? Per ora il solo messaggio è di tener duro. L’essenziale, qui e ora, è capire che al di là della durata amorevole, lunga, silenziosa e profonda, libera da ogni preoccupazione o attaccamento, non c’è vera conoscenza, non c’è vera gioia di arricchirsi al di fuori di  colui o colei che si è invitati ad incontrare.
Maria va ancora più lontano e con più forza. “Non vi prometto la felicità di questo mondo, ma dell’altro.”  Ella ricorda a Bernadette che la vita su questa terra è un lungo pellegrinaggio. Che il cammino dei quindici giorni non è che un “crogiolo di laboratorio” per apprendere la gioia dell’incontro con Dio  attraverso la preghiera del cuore, lunga e perseverante, attraverso la penitenza, ogni giorno , ogni anno che il Signore le darà da vivere. L’invito consiste proprio a gustare fin da quaggiù la gioia di quest’altro mondo, entrando fin d’ora in questo altro mondo che è quello del Vangelo delle Beatitudini. Tuttavia la  pienezza di questa gioia sarà solamente per il cielo, per l’altro mondo, dopo la morte. Tale è la natura  umana creata nel tempo e col tempo per prepararsi a una eternità felice.

4) LA CONVERSIONE È RISPOSTA GIOIOSA

Joie

Bernadette risponde con convinzione a questo invito della Signora. Sarà la gioia di recarsi a  Massabielle ogni mattina della quindicina, malgrado le costrizioni, le resistenze o gli indugi delle autorità  a suo riguardo nel lasciarle vivere questo appuntamento quotidiano. Ciò che lei sperimenta nel più intimo di se stessa è troppo forte perché la si  possa trattenere. Qui la parola di Gesù manifesta tutta la sua forza attraverso la purezza di cuore di una bambina incapace di mentire: “Come il Padre ha  amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.” (Gv 15, 9) Il Padre ama il Figlio come un Unico, e il Figlio è unico Figlio del Padre. Con la stessa intensità d’amore, e come se noi fossimo soli al  mondo, Dio ama ciascuno di noi nel suo Figlio.  Ognuno è guardato da Lui come unico.
Alla Grotta, Bernadette vive un incontro unico che le  permette di fuggire per qualche istante da questo mondo terreno, al punto che nella 17a apparizione la fiamma della candela non la brucia. Per un momento si trova nel mondo in cui non c’è più nulla che faccia soffrire, nè lacrime né pianto. (Ap. 7, 16-17: “Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna,  perché l’Agnello che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”. Ap 21, 4: “E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate.”) C’è posto solo per la felicità dell’incontro e del dialogo amoroso.  Dirà: “Mi guarda come una persona guarda un’altra persona.” Bernadette ha già fatto l’esperienza  dell’amore in famiglia. Qui, a Massabielle, sperimenta un amore infinito ed eterno simile a nessun altro sulla terra. Fa l’esperienza vibrante delle parole di Gesù attraverso lo sguardo, il sorriso e il riso, la bellezza e la bontà di Maria: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi.” (Gv 15,9) Poiché Maria è una cosa sola col suo Figlio nell’amore. Rimanere in questo amore è tutto quanto Bernadette imparerà da  Maria per vivere il suo pellegrinaggio sulla terra. E’ tutta la sua conversione per giungere alla pienezza di questa gioia suprema e divina, in cielo, dopo la sua morte. Sì, la conversione è gioia dell’incontro e promessa di felicità.
Orientamenti per meditare e vivere il pellegrinaggio
    • Convertirsi, per me, è segno di una pena, di una gioia? Di cos’altro?
    • Fare memoria di tutti i miei incontri di luce nella mia storia personale.
    • Come ho risposto a questi momenti di grazia che nulla di me o dei miei prossimi può farmi rinnegare?
    • Quale grazia ispiratrice dall’alto mi attira a Lourdes e mi fa già vedere con altri occhi il mio quotidiano?
    • Come considero la mia vita terrena: un pellegrinaggio, un dovere, un dono …?
    • La Bibbia per me è l’opera di riferimento che illumina la mia vita, come la bella Signora, “Arca dell’Alleanza”, ha illuminato la vita di Bernadette? A che punto sono quanto alla  lettura frequente della Parola di Dio, parola di luce sulla nostra vita, lettura tanto  sapienziale come orante?

3. Luce e verità che rendono liberi

Joie
Il male è lo scandalo per eccellenza, la pietra d’inciampo nel credere all’amore e alla promessa divina di felicità. Eppure, tutto l’itinerario di fede della Bibbia è iniziativa di Dio per distogliere il suo popolo dal male in tutte le sue forme. Ciononostante, la resistenza dell’uomo nella storia è tale, che l’enigma rimane.

Ciò che il Catechismo della Fede Cristiana ci dice a proposito della fede, non è per spiegare, ma per accostarsi al mistero del male e prendere posizione in faccia a lui. (Catechismo della Chiesa Cattolica. 11 ottobre 1992. In particolare §385: “Dio è infinitamente buono, e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno sfugge all’esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura – che appaiono legati ai limiti propri delle creature – e soprattutto al problema del male morale. Da dove viene il male? – Mi chiedevo donde il male, e non sapevo darmi risposta”, dice S. Agostino [Conf 7, 7, 11], e la sua sofferta ricerca non  troverà sbocco che nella conversione al Dio  vivente. In effetti, il “mistero dell’iniquità” [2 Ts 2,7] si  illumina soltanto alla luce del “mistero della pietà” [1 Tm 3, 16]. La rivelazione dell’amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l’estensione del male e la sovrabbondanza della grazia [Rm 5, 20].  Dobbiamo dunque affrontare la questione dell’origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede su colui che, solo, ne è il vincitore. [Cfr Lc 11,21-22; Gv 16, 11; 1 Gv 3,8]) Solo Gesù è risposta a questo  enigma. Tuttavia Gesù Cristo stesso è il mistero che non finiremo mai di penetrare, mistero che apre su una prospettiva di felicità al termine di un pellegrinaggio che è combattimento spirituale con Gesù contro il male.

1) LA SOFFERENZA DI BERNADETTE

Joie
La giovinetta di 14 anni che si reca in questa mattina dell’11 Febbraio 1858 alla grotta di Massabielle è una bambina che soffre. La miseria della sua famiglia alloggiata in questo tugurio infame del cachot, vecchia prigione prestata a degli operai e poi ai Soubirous ridotti alla povertà più estrema, come pure l’asma che soffoca il suo corpo, a seguito di una epidemia di colera, non fanno di Bernadette una bambina privilegiata. L’ingiustizia legata alla miseria espone i suoi genitori a vessazioni. Ciò aggrava il peso del quotidiano fatto di pane nero e di freddo umido. Ciononostante, la prima parola di Bernadette di cui si è conservato il ricordo nella storia è:  “Quando il Buon Dio lo permette non ci si lamenta.” La fede in Dio non gli fa mettere il Signore nel banco degli accusati, come sono troppo spesso le nostre prime reazioni di fronte al male.

D’altra parte, la promessa della Signora di una felicità nell’altro mondo non è un balsamo di  consolazione che, in un modo o nell’altro, aiuterà la bambina di Massabielle ad uscire dalla sofferenza.  Bernadette conserverà la sua asma della quale morirà relativamente giovane. Alla fine della sua vita esclamerà: “Sono macinata come un grano di frumento.” Parola di figlia di mugnaio. Le umiliazioni e il disagio procurati da tutte le testimonianze da dare sulle apparizioni saranno per lei una Via Crucis.
Nel suo incontro di luce col cielo, Bernadette ha preso coscienza del dramma dell’umanità toccata dal  peccato, il suo e il nostro. Se le apparizioni aprono per lei la prospettiva di felicità alla quale siamo destinati fin dal primo istante della nostra creazione, e quanto Dio non può rassegnarsi all’infelicità dell’uomo, esse le danno allo stesso tempo la misura del dramma rappresentato dal peccato di fronte a questo disegno d’amore di Dio sull’umanità.

2) IL PECCATO O LA GRAZIA

“Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5, 20) esclama San Paolo nella sua pazza gioia e la sua passione per Gesù. La sovrabbondanza della luce per Bernadette,  nell’oscurità di questa grotta umida e buia ne è una bellissima illustrazione. La sua vita di bambina più povera di Lourdes è illuminata dalla  grazia che attira e invita al pellegrinaggio della felicità al termine di un cammino di conversione che è lotta al peccato.
E’ questo l’invito di grazia che Maria rivolge a Bernadette per farla uscire dal peccato, e noi con lei, quando le ricorda il Vangelo: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino.” (Mt 4, 17) All’invito della Signora di farle la grazia di venire per quindici giorni, corrisponde un invito alla preghiera e alla  conversione per uscire dal peccato
L’amore è autentico solo se è vero. La luce di Massabielle è autentica come promessa di felicità se, e solo se si coniuga con la verità sulla vita di Bernadette e nostra. “Amore e verità  s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno.” (Sal 85, 11) E’ per questo che Maria parla a Bernadette in verità del peccato che ci deturpa tutti e le fa vedere un mondo senza peccato attraverso ciò che lei è: “L’Immacolata Concezione” L’ostacolo più grande alla  felicità nelle nostre vite è il peccato. E’ l’egoismo sotto tutte le sue forme, confusione della felicità col solo piacere, o idolatria del piacere ricercato per se stesso. Peccato che è anche e soprattutto l’orgoglio di volere per se stessi il bene senza riferimento a Dio e agli altri, senza una vera preoccupazione per il bene comune come pure per il bene di ogni persona. Il peccato ci segna al punto che noi siamo oggi in piena confusione, facendo precipitare la nostra vita e la nostra società in un relativismo assoluto.  Questo ci porta a chiamare bene ciò che è male, e male ciò che è bene, e perfino a non distinguere più l’uno dall’altro.
Joie
Non sono forse le apparizioni di Lourdes un antidoto a questo 19° secolo della ragione che vuole  emanciparsi da Dio e dalla religione? L’uomo, erede del “secolo delle luci” non vuole più essere “relegato” a se stesso se non dalla sola ragione, piuttosto che coniugare fede e ragione riconoscendo che l’uomo non può essere la sola ed esclusiva misura di se stesso. Queste apparizioni non sono forse attuali in questo 21° secolo, nel quale noi continuiamo a vivere le conseguenze di questa emancipazione liberticida, che ha proclamato filosoficamente la morte di Dio, e di cui Dostoievski ha visto profeticamente le conseguenze? (Cf Fiodor Dostoïevski, L’Adolescent, 1875) La violenza delle guerre del 20° secolo, l’erotismo contemporaneo e la violenza inflitta all’uomo da leggi contrarie alla sua vera felicità, perché non  rispettose di una  antropologia non dipendente da lui ma dal Creatore, tutto ciò non è forse un appello alla preghiera per i peccatori che siamo noi, alla  conversione dei cuori e delle mentalità  contemporanee? Poiché “in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. (Gaudium et spes, 22)

3) PENITENZA PER I PECCATORI

La Vergine Maria viene ad offrire a Bernadette i cammini di conversione. Cammini di una svolta reale e  profonda verso Dio affinchè l’esistenza umana trovi la sua pienezza camminando verso un compimento di cui, Madre di Gesù Cristo, è la realizzazione e la manifestazione agli occhi della piccola bigurdana.
“Pregate Dio per la conversione dei peccatori.” Dice la Signora per quattro volte lungo la quindicina.
Abbiamo visto che la conversione è un atto della libertà dell’uomo ma anche un dono ricevuto da Dio che attira a sé ogni uomo. (Gv 12, 32 “e io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”) Pregare per i peccatori è domandare la grazia, per gli increduli come noi, di  accettare di aprire il nostro cuore a Dio, di lasciarlo “imbeversi di grazia” secondo una espressione di Paul Claudel.
Joie

In nome della nostra misteriosa solidarietà in  umanità, che fa sì che noi siamo tutti frutto di una relazione e di tutte le relazioni che noi tessiamo tra noi, poiché nessuno è un’isola, Maria ci domanda di pregare gli uni per gli altri perché ci sia data la  grazia della conversione. Bernadette incomincia a pregare per se stessa. Lei prega per gli altri e allo stesso tempo cerca la preghiera per se stessa. La sua ultima parola sulla terra è: “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice” pur  assicurando che in cielo non dimenticherà nessuno. Bernadette ha capito, grazie alla Vergine Maria, che la preghiera è  l’azione più forte della vita umana:  atto che è l’espressione della misteriosa  trasformazione del cuore  della persona per essere di Dio. La preghiera è un dono dello Spirito Santo  che non ha altro scopo che di contemplare il mistero di Cristo e di farvici penetrare per diventare  conformi al Signore. San Luigi Maria Grignon de  Monfort percorreva tutti i chilometri delle sue missioni a piedi e pregando il suo rosario,
per la conversione delle anime alle quali andava a predicare. D’altronde, cosa avviene per tutti questi ammalati che, a Lourdes e nel mondo, uniti a tutti i consacrati, offrono la loro vita e la loro preghiera per la conversione dei peccatori e la santificazione dei sacerdoti? Non sono forse loro ad ottenere quei ritorni a Dio di cui i sacerdoti sono testimoni nel confessionale? La conversione è preghiera e solidarietà nella dipendenza filiale dalla grazia. La preghiera è un dono più forte del peccato e dell’indurimento dei nostri cuori orgogliosi.
Joie
“Baciate la terra in segno di penitenza per i peccatori” soggiunge la Signora il 24 Febbraio nella ottava apparizione. Il nostro cuore e il nostro corpo sono un tutt’uno. Ciò che agisce nell’uno rimbalza nell’altro. Chinare la testa al suolo è abbassare la propria intelligenza orgogliosa che vuole sempre aver ragione e che si chiude nelle sue convinzioni di aver ragione. Umile gesto di  Jean-Marie Vianney, quando arriva  nella sua parrocchia di Ars: baciare la terra che è stato incaricato di evangelizzare, gesto ripreso dal Beato Giovanni Paolo II al suo arrivo in ogni terra che visitava pastoralmente.  Umiltà di colui che vuole offrire la Parola diluce e di verità, non con l’orgoglio freddo e rigido che schiaccia dall’alto della sua ragione o del suo sapere, ma nell’offerta simile al gesto d’amore e di tenerezza offerto alla fiducia di colui che si ama.

Quante guerre tra noi in nome della giustizia! Quanti gulag generati dal nostro rinchiuderci in ciò che noi crediamo essere la “nostra giustizia” o la nostra  convinzione di aver ragione. Gesù non ha mai  derogato alla verità ma ha rifiutato di imporla con la forza delle armi o con la forza del ragionamento: “Il sommo sacerdote interrogò Gesù … ‘Io ho parlato al  mondo apertamente, ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto ... Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto.” Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù dicendo: ‘Così rispondi al sommo sacerdote?” Gli rispose Gesù: ‘Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi  percuoti?’” (Gv 18, 19-23) La conversione è umiltà nella verità e nell’amore.
“Penitenza! Penitenza! Penitenza!” ripete la Signora per quattro volte. Rivolgersi a Dio, orientare la propria vita in modo radicalmente nuovo rappresenta necessariamente uno sforzo. E’ come per le false pieghe di un vestito. Quando si tratta di farle sparire perché il vestito ritrovi la sua bellezza e la sua forma, un  po’ di olio di gomito e di ingegnosità perseverante sono necessarie. Il peccato, il rifiuto di obbedire, di dipendere dal Signore e dalla sua Legge d’amore, hanno creato in noi le false pieghe delle abitudini viziose o semplicemente peccaminose. Noi diciamo volentieri: “E’ la mia natura”, come se non ci si  potesse fare nulla. Bisognerebbe precisare: è la mia natura quale è diventata in forza del peccato, delle mie cattive abitudini, dei difetti della mia educazione o delle mie decisioni infelici.
Strapparci da ciò che il piacere egoista ha creato in noi come abitudine rappresenta uno sforzo e una  sofferenza ai quali noi non ci prestiamo molto volentieri. Come chi è stato operato fa fatica a far lavorare i suoi muscoli dopo mesi di inattività, come lo sportivo deve allenarsi molto per acquisire l’elasticità  necessaria per il suo sport, così l’uomo peccatore dovrà faticare per fare lavorare i movimenti del suo cuore in senso opposto a tutte le abitudini contratte per soddisfare egoisticamente le sue passioni e le sue voglie, anche le più legittime.
Maria domanda a Bernadette tre gesti di penitenza: baciare la terra, andare alla sorgente a bere e a  lavarsi, mangiare dell’erba. Non bisogna tanto fissarsi sulla materialità dei gesti quanto sul loro significato per applicarsi a praticare nella nostra vita gli esercizi necessari che ci strapperanno da ciò che ci allontana da Dio e dal vero senso della nostra vita. Bernadette, sapendosi suscettibile, dirà: “Ciò che conta, non è il primo movimento, ma il secondo.” Avendo agito male, decide di smettere di fare il  male, di raccogliersi nella preghiera, di chiedere perdono, e di rimediare con una buona azione. Se c’è da soffrire un po’, sarà solo per guarire e acquistare un bene più grande: la libertà di amare senza  intralcio né di cuore, né di corpo, come recita una bellissima orazione del Messale Romano.
La conversione è una pratica coraggiosa per strapparsi da ciò che disorienta la nostra vita.
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“Andate alla sorgente a bere e a lavarvi”. Fin dal Giordano, mettersi alla sequela di Giovanni per ricevere da lui il battesimo di conversione  comportava la rinuncia a se stesso per consegnarsi a qualcun altro per ricevere la grazia della trasformazione del cuore. Quando Bernadette fa sgorgare la sorgente e vi si lava mentre è ancora piena di fango, lei compie un atto di obbedienza alla Signora. Si affida a qualcuno di più grande di lei. Si lascia condurre sul cammino della sua conversione. Riconosce anche, con questo gesto umile, di avere bisogno di ricevere la purificazione da più in alto e da più lontano di se stessa. Col disgusto di questo gesto manifesta il suo distacco da ciò che ci porta a cercare istintivamente più il nostro comodo che lo sforzo del superamento di noi stessi.

Andare a Lourdes, bere alla fontana, e lavarsi la faccia o lasciarsi immergere nelle piscine, non è un  gesto magico. E’ consegnarsi a Colui che questa sorgente significa. E’ accettare di avere bisogno di purificazione. E’ riconoscere che, senza la sorgente che è Cristo, la mia vita è vana, che la conversione
che orienterà tutta la mia esistenza verso la sua è impossibile senza di Lui. “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla.” (30. Gv 15, 5)
La conversione è affidarsi al nostro Creatore e Redentore, sorgente della nostra vita.
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“Mangerete di quell’erba che è là.” Gesto sorprendente … Eppure la bambina vi acconsente con semplicità di cuore, una sola volta, davanti a una folla numerosa. E’ l’agnello pasquale che ha preso su di sé le erbe amare della nostra vita. L’agnello pasquale del pasto memoriale dell’Esodo era preparato con erbe amare, simbolo dell’amarezza degli anni di schiavitù del popolo d’Israele in Egitto. (Es 12, 8) Il Dio  dell’Esodo dona ai suoi la possibilità di uscire dalla schiavitù. La schiavitù peggiore è il peccato che ci allontana da Dio e dal vero amore. Gesù, novello Mosè, ci fa uscire dalla schiavitù del peccato. Solo lui può prendere su di sé il peccato del mondo. E’ lui l’Agnello pasquale che guarisce l’uomo dal suo  peccato. Mangiando quell’erba, troppo amara per non rigettarla, Bernadette manifesta la sua volontà di unirsi a Cristo agnello della Pasqua immolato per i nostri peccati. Sottolinea la sua volontà di uscire dal peccato con una conversione che è unione a Cristo. “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo, che è la Chiesa.” (Col 1, 24) Bernadette non amerà mai la sofferenza, ma Gesù crocifisso

La conversione è la scelta coraggiosa di portare con Gesù e in unione con lui ciò che pesa e deforma la nostra vita.
Orientamenti per la meditazione e per vivere il pellegrinaggio
    • Prendere del tempo per considerare gli appelli di Dio a cambiare qualcosa della mia vita, appelli che potrei aver lasciato passare, ignorare o semplicemente dimenticare.
    • Che cosa, nella mia vita, non è stato toccato dal Vangelo: quanto alla mia intelligenza, la mia vita  affettiva, sociale, professionale, ecc.?
    • A che cosa faccio resistenza per guadagnare in vera libertà? Non sono forse dipendente, per non dire schiavo, delle mode di pensiero o di azione del mio ambiente, dell’epoca, del “politicamente corretto”, per essere come tutti?
    • Quali abitudini di vita mi divorano a scapito di altre realtà essenziali del mio quotidiano?
    • Quali sono gli irrigidimenti delle mie reazioni abituali o spontanee? Non sono forse segni di un appello a convertire una dimensione o l’altra della mia esistenza?
    • In che e perché sono restio ad aprirmi ad una amicizia competente (sacerdote, genitori, educatori, uomini di preghiera … o altro) per vedere chiaro nella mia vita? 
    • Come faccio mia l’esperienza di Bernadette? A quali segni o gesti concreti di  penitenza resisto? A quale gesto mi invita il Signore?
    • Perseverare nella preghiera è un insegnamento di Gesù richiamato a Lourdes da Maria. A che punto sono quanto a una vita di preghiera reale e regolare? Prego per la mia conversione e per quella dei miei prossimi?

4. La sorgente dei sacramenti, cammino di conversione

“Andate alla sorgente ….” Questo appello di Maria si situa in un giovedì, al nono incontro, nel cuore delle apparizioni. Tutti i momenti-chiave delle apparizioni hanno luogo di giovedì. E’ il giovedì 25 marzo, nella 16a apparizione, che Maria rivela il suo nome: “Io sono l’Immacolata Concezione”, espressione che dice della sua persona una vita totalmente eucaristizzata. Il giovedì è il giorno dell’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio Ministeriale. L’Eucaristia è nel cuore della liturgia della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ne parla come del “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutto il suo vigore. Infatti le fatiche apostoliche sono ordinate a ottenere che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, partecipino al Sacrificio e   mangino la cena del Signore.” (Sacrosanctum Concilium 10) Il 3 giugno 1858, giovedì del Corpus Domini, proprio nel periodo delle apparizioni, Bernadette farà la sua prima comunione.

1) SACRAMENTI, PELLEGRINAGGIO E CONVERSIONE

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Quando Maria invita a recarsi alla sorgente, naturalmente lei rimanda alla sorgente dei sacramenti di cui la sorgente di Massabielle non è che un segno. Col battesimo e la cresima noi siamo incorporati a Cristo e noi diventiamo membra del suo Corpo. Con l’Eucaristia noi siamo nutriti del suo
Corpo per vivere la nostra appartenenza alla sua Chiesa. Perdonati dal sacramento della riconciliazione noi ritroviamo la pienezza della nostra comunione battesimale. Unti con l’unzione dei malati siamo uniti a Gesù che soffre per noi, e collaboriamo alla sua opera di redenzione. Uniti in matrimonio in Gesù, gli sposi cristiani sono un segno efficace, non solo per loro stessi e i loro figli, ma per il mondo, dell’unione di Cristo con l’intera umanità. Ordinati per il servizio ai battezzati, i ministri della Chiesa sono al servizio del corpo per la sua crescita e per condurlo alla pienezza del Cristo nell’adunanza dei figli di Dio dispersi.

La coerenza e la logica dei sacramenti, che si può giustamente chiamare logica d’amore, sono la  manifestazione visibile ed efficace dell’unità del Cristo che si dona per amore per la moltitudine. Sono i  gesti d’amore dello stesso Cristo che costruisce la sua Chiesa per la salvezza del mondo. Dono di Gesù che è il Mistero (sacramento) “avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato ...” (Rm 16, 25-26)

Nel silenzio della Grotta, Maria dispiega tutto il mistero d’amore che è il suo Figlio, sorgente della vita della Chiesa, comunicata attraverso i sacramenti. Così la conversione è gioia di comunione con Gesù  attraverso i sacramenti. Andare alla sorgente rappresenta una conversione del nostro essere, un rovesciamento profondo di noi stessi, per un andare radicale e profondo alla sorgente della nostra vita cristiana.  (Lc 5,4: “Gesù disse a Simone:”Prendi il largo, e gettate le vostre reti per la pesca”) Si tratta di immergersi risolutamente nella vita trinitaria offerta dai sacramenti per attingervi la linfa della nostra vita cristiana e centuplicare il dono ricevuto da Dio. (Lc 8, 5,8: ”Il seminatore uscì a seminare il suo seme ... Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto.”)

A Lourdes, l’Eucaristia, col sacramento del perdono e quello dell’unzione dei malati sono i soli sacramenti celebrati: sono il sacramento che nutre la vita battesimale durante il suo pellegrinaggio in terra, e i sacramenti che la guariscono. Gli altri sacramenti sono propri alla vita ecclesiale diocesana e  parrocchiale. Ciò manifesta chiaramente che il culmine del pellegrinaggio è la conversione, la   conversione che rimanda all’essere con Gesù nella vita sacramentale ordinaria e nella vita quotidiana di responsabilità e di impegni che derivano da questa vita sacramentale. La conversione personale è  autentica se rimanda alla Chiesa. Si viene in pellegrinaggio per andare alla sorgente della propria vita,  per rivolgersi nella verità a questa sorgente. Si viene in pellegrinaggio per vivere un cammino di  conversione.

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Bernadette ha appena incontrato la bella Signora, e subito va alla chiesa parrocchiale per confessarsi e chiedere consiglio. La sua conversione la rimanda spontaneamente alla Chiesa nei suoi ministri e nei suoi sacramenti. Difatti ha deciso di lasciare Bartrès, in questo inizio d’anno 1858, per Lourdes, perché qui ci sono dei sacerdoti con i quali potrà fare la sua prima comunione. Al suo ritorno, suo padre obietta che per lei non c’è molto da mangiare a Lourdes. Lei gli risponderà che preferisce la fame del corpo a quella dell’anima. Inoltre, uno dei primi  segni che interpelleranno i sacerdoti di Lourdes quanto all’autenticità delle apparizioni della Grotta, è il vento di preghiera e di così belle confessioni che soffia sulla parrocchia in questo tempo di  quaresima.

2) PELLEGRINAGGIO, CONVERSIONE E PAROLA DI DIO

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Ogni celebrazione sacramentale è frutto di un  annuncio della Parola di Dio, di un attento ascolto di questa Parola in tutta la sua ampiezza e profondità. Andare alla sorgente dunque è anche e forse  anzitutto mettersi in ascolto della Parola di Dio. E’ mettere in opera tutto quanto è necessario perché i pellegrini la assaporino e ci prendano gusto.

Maria è l’Arca dell’Alleanza, secondo un titolo che le danno le litanie in suo onore. Cosa si metteva  nell’Arca, se non le tavole della Legge? (Es 25, 16: Nell’Arca collocherai la Testimonianza che io ti darò) Maria è colei che porta il Verbo di Dio non solo perché l’ha generato in terra, ma perché ne è stata la discepola più fedele. “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto!” (Lc 1, 45) esclama Elisabetta. “Mia madre e i miei  fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.” (Lc 8, 21) Gesù non poteva fare un complimento più bello a riguardo di sua Madre, come eco di quello di Elisabetta.

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“Tutti coloro che amano il Signore … e … amano il loro prossimo come se stessi ... e ricevono il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo e … fanno degni frutti di penitenza … lo spirito del Signore riposerà su di loro e porrà in loro la sua abitazione e la sua dimora; ed essi sono i figli del Padre celeste di cui compiono le opere, e sono gli sposi, i fratelli e le madri di nostro Signore Gesù Cristo. Noi siamo sposi quando per lo Spirito Santo l’anima fedele è unita a nostro Signore Gesù Cristo. Noi gli siamo  fratelli quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli; siamo madri quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo, per l’amore divino, e per una coscienza pura e sincera, e quando lo generiamo con opere sante che devono risplendere ad esempio per gli altri.” (San Francesco d’Assisi. Lettera a tutti i fedeli. 1-9)

Forse che Bernadette non leggeva “a Bibbia aperta” in Maria, Arca della Parola? Maria le ha così  manifestato la sorgente che è suo Figlio nella sua Persona trasfigurata dalla Parola fatta carne in lei. Tutta illuminata dal suo Figlio, il Verbo di Dio, Maria indica la sorgente. Questa è segno dei sacramenti per i quali Parola e grazia di Gesù vengono ad abbeverarci con la vita divina e a trasfigurarci.
La conversione è trasformazione di tutta la propria vita con l’ascolto della Parola alla quale si obbedisce e con la vita sacramentale per essere una cosa sola con Gesù.
“Li costituì perché stessero con lui.” (Mc 3, 14) La Chiesa è nata per essere con Gesù e per essere Gesù nel  mondo. Questo non è possibile senza una assidua frequentazione della Parola di Dio e una   partecipazione cosciente e fruttuosa ai sacramenti. I primi cristiani “erano perseveranti  nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”. (At 2, 42)
Noi potremo rispondere alla nostra vocazione cristiana se entriamo nella gioia della conversione a Gesù e se ci uniamo sempre più strettamente a lui secondo il cammino del Vangelo, quale la Vergine Maria,  l’Immacolata, ce l’ha ricordato e insegnato a Lourdes.
Orientamenti per la meditazione e per vivere il pellegrinaggio
  •  Come pratico i sacramenti? Abitudine, trantran, o ricerca appassionata di Dio? Con che cura mi preparo alla celebrazione della messa o del sacramento del perdono?
  • Che mezzi prendo per leggere la Bibbia e formarmi ad una sua lettura amorosa?
  • Mi preoccupo di conoscere in verità l’insegnamento della Chiesa, tra l’altro il Catechismo della fede cattolica, senza dimenticare la Dottrina sociale della Chiesa? Non mi accontento del catechismo appreso durante l’infanzia?
  • La mia vita nella Chiesa è una ricerca ardente della sorgente per scoprire e vivere la gioia di essere con Gesù?
  • Sono deciso a vivere in verità di Vangelo, come fonte e culmine della mia vita, o solo a volere “provare”?
  • Quali preoccupazioni ho per i sacerdoti che ci sono inviati? Quanto prego per loro e per le vocazioni sacerdotali?
  • Sento la necessità di vivere la mia fede con altri: parrocchia, diocesi, movimento, impegno sociale e politico?

Conclusione: La gioia della conversione è missione

“Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si  manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che noi abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.” (1 Gv 1, 1-4)
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Si può forse trovare un testo più bello del prologo della prima lettera di San Giovanni per esprimere il legame profondo tra la gioia della conversione e la missione?
La vera gioia è comunicativa. La gioia dell’incontro col Verbo di Dio fatto carne, gioia degli apostoli e dei discepoli, gioia di Bernadette e di tutti i santi della storia, trova la sua pienezza nella missione,  affinchè ogni uomo possa gustare questa gioia divina imperitura e ineffabile. Questo proprio perché la natura di questa gioia è quella di farci scoprire  che noi siamo amati da Dio, al punto da cacciare dal nostro cuore ogni gelosia. Dunque, la nostra gioia non può essere completa fino a quando tutti gli  uomini realizzeranno questo amore unico che è loro donato da Dio in Gesù Cristo.
“Andate a dire ai sacerdoti che si costruisca qui una cappella e che vi si venga in processione” domanda la Signora a Bernadette il martedì 2 marzo, verso la fine della quindicina. Maria parla dei  sacerdoti, e non del parroco della parrocchia e dei suoi vicari. Evidentemente, Bernadette si rivolge al suo parroco, l’abate Peyramale, per trasmettere la domanda della bella Signora. Lei non conosce che lui e i suoi coadiutori. Ma la natura di questa domanda sorpassa la parrocchia di Lourdes. “I sacerdoti …” Dietro questa espressione di Maria c’è l’appello rivolto a tutti i ministri ordinati, e, attraverso ognuno di loro, l’appello alla moltitudine di uomini di tutti i continenti di venire a gustare la gioia della conversione che è immersa nella sorgente della vita trinitaria, vita divina di cui la Chiesa è manifestazione.
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“Io sono l’Immacolata Concezione” … Il nome della Signora dice l’oggetto di questa gioia, pienamente realizzata nella Madre di Gesù, la prima tra noi, la prima nel cammino: la trasfigurazione della nostra vita per opera del Verbo di Dio. Questo nome che Bernadette fatica molto a ricordare per comunicarlo al suo parroco e per compiere la sua missione esprime, come abbiamo visto, il fine di ogni vita umana che è risposta al disegno d’amore di Dio su di noi. Lui ci ha voluti, fin dalla fondazione del mondo, “santi e immacolati di fronte a Lui” (Ef 1, 4), come la Vergine Maria.

Se nessuno ce lo manifesta e non viene ad annunciarcelo, come potremmo conseguire questa gioia? Bernadette compirà la sua missione presso le autorità della sua parrocchia, della sua famiglia e della sua città. Lei continuerà a dare testimonianza  delle apparizioni e ad esserne saturata di umiliazioni a causa delle lodi e delle adulazioni che ciò le procurerà. Nondimeno non finirà mai di gustare la gioia  degli incontri vissuti alla Grotta in questo inverno 1858 per cercarecon tutto il cuore di convertirsi al  Vangelo, Buona Notizia di Gesù Cristo che ha dato la sua vita per noi per condurre tutti, sull’esempio di Maria e con lei, nella nostra dimora presso il Padre. (Gv 14, 2: “Nella casa de padre mio vi sono molte dimore.”)
Terminata la sua testimonianza, Bernadette esclamerà: “Ciò che mi riguarda non mi riguarda più.” Le apparizioni non sono un bene di sua proprietà. Lei le ha consegnate alla Chiesa per la conversione e la gioia di tutti. Da buona e vera messaggera, lei scompare per lasciare alla Chiesa, attraverso i suoi ministri e i fedeli laici, il compito di continuare, sotto la guida dello Spirito Santo, alla scuola di Maria, la missione di annunciare ad ogni uomo la grazia della conversione.
Tocca a noi mettere i nostri passi negli zoccoli e nello sguardo di Bernadette, come dice il titolo di un bel libro (Mons. Dominique YOU, Dans les sabots et le regard de Bernadette de Lourdes. Ed. les Béatitudes. 2003) per vivere la gioia della nostra conversione per la missione unica che il Signore affida ad ognuno.

Padre Jean-Dominique DUBOIS, ofm, Cappellano del Santuario di Lourdes

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