sabato 17 marzo 2012

L'omelia del Card. Bertone in occasione dell'80^ dell'Oftal

80° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DELL’OFTAL
OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE
Basilica di San Pietro
Sabato, 17 marzo 2012
 
Cari fratelli e sorelle,
sono particolarmente lieto di presiedere questa celebrazione Eucaristica, con la grande Famiglia dell’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes (O.F.T.A.L), che ho avuto la gioia di conoscere da vicino e di apprezzare quando ero Arcivescovo di Vercelli, Diocesi che fu la culla di questa provvida realtà ecclesiale. Vi saluto tutti con affetto. In particolare, saluto i cari Fratelli nell’Episcopato, il Presidente Generale Mons. Gian Paolo Angelino, i Sacerdoti delegati vescovili e assistenti, i medici, gli infermieri, i barellieri e le dame. Ma il saluto più sentito e cordiale lo rivolgo a voi, cari ammalati, che siete al centro della missione dell’O.F.T.A.L.. A tutti porto il beneaugurante saluto e la paterna Benedizione del Santo Padre Benedetto XVI, che volentieri si unisce spiritualmente a noi, in questo momento così carico di fede, ed ha inviato un Suo speciale messaggio.
Siamo raccolti attorno all’altare del Signore per lodarlo e ringraziarlo delle meraviglie da Lui operate attraverso la feconda attività dell’O.F.T.A.L., che da ottant’anni si pone al servizio dei malati e del mondo della sofferenza. Al tempo stesso, desideriamo manifestare la nostra venerazione verso la Vergine Immacolata, e lo facciamo andando col pensiero commosso specialmente alla grotta di Lourdes, in quel luogo santo, in quell’angolo di Paradiso abitato da Maria e che più volte tanti di voi hanno potuto visitare, come pellegrini devoti e fiduciosi.
La Madonna è davanti a noi, la prima tra noi, la prima di tutti i credenti, perché è la più vicina a Gesù, Colei che più di tutti ha potuto fissarne lo sguardo. E’ Lei che ci insegna a tenere gli occhi del nostro cuore rivolti a Cristo Salvatore. Maria, infatti, fin da quella notte del Natale, a Betlemme, ha contemplato il mistero di Dio nel volto del suo Figlio, e pochi giorni dopo la sua nascita, quando insieme a san Giuseppe lo presentò al tempio, il suo sguardo divenne ancor più profondo nel sentire dall’anziano Simeone che anche a lei una spada avrebbe trafitto l’anima. Oggi, il Vangelo di Giovanni ce la mostra al Calvario mentre, affranta dal dolore, continua a guardare quel Figlio, appeso sulla croce (cfr Gv 19,25): Maria è ferma e irremovibile nella sua fede. In quest’ora suprema e drammatica della morte di Gesù, in cui sembra tutto finito, e destinata a spegnersi ogni speranza in Cristo redentore, Ella è l'unica a credere. Tutti sono fuggiti, tutti se ne sono andati, anche i discepoli che l'avevano seguito. Resta lei, la madre, «beata perché ha creduto», a custodire vive nel cuore le parole dell’angelo, accolte molti anni prima. Resta lei a conservare nella memoria i segni della realizzazione della promessa, a discernere, a capire, a credere ancora in Dio. Maria, scossa fino alla sua ultima fibra interiore, è tenace, nelle tenebre tiene accesa la fiammella della fede, che preannuncia l’aurora della Risurrezione.
Con lei, con la sua fede incrollabile, con i suoi occhi, vogliamo anche noi guardare Gesù, che in questo tempo di Quaresima contempliamo nel mistero della sua passione e morte. E siamo in tanti quest’oggi raccolti in questa Basilica cuore della cristianità. Voi venite da tante città e paesi diversi, con tante storie differenti. Ciascuno di voi ha comunque una preghiera nel cuore e un desiderio spirituale da presentare a Gesù per mezzo dell’intercessione di sua Madre, alla quale Egli ha affidato l’umanità nella persona dell’Apostolo Giovanni: «Donna, ecco il tuo figlio!» (Gv 19,26). Nel vostro peregrinare tante volte a Lourdes, dopo il primo pellegrinaggio di Monsignor Alessandro Rastelli 100 anni fa, e nella vostra consuetudine orante con la Vergine Immacolata, voi avete compreso che Maria accoglie tutte le preghiere dei suoi figli; sì, nessuna nostra parola, nessun nostro desiderio è perduto; nessuna nostra sofferenza, nessuna nostra pena è inutile; tutto e tutti Maria raccoglie e anche presenta oggi all’altare del cielo.
Il brano del Vangelo ci ha descritto la scena ai piedi della croce di Gesù. Anche noi, spiritualmente, riviviamo quell’esperienza, assieme a Maria e al giovane discepolo Giovanni; noi sani e malati; in modo particolare voi, malati, che portate sul corpo i segni della malattia come Gesù portava i segni della croce. Oggi ancora una volta contempliamo quel Crocifisso. Tutto in Lui e attorno a Lui sembrava una sconfitta. Era un grande Maestro che compiva prodigi e miracoli tra la gente ed era seguito dalle folle affamate del pane della verità e assetate di giustizia. Ma ora i suoi nemici avevano vinto: quell’uomo non era più tra i viventi. Era apparentemente il fallimento. In verità, quella croce non era la fine, anzi, era la sconfitta del Male, la sconfitta dell’egoismo. In Gesù crocifisso vinceva l’amore per Dio e per gli altri. Sì, su quella croce c’era un uomo che era venuto «per servire non per essere servito» (Mc 10,45), che era sceso dal cielo per amare tutti, anche quelli che non lo amavano.
Volgiamo per un istante i nostri occhi a quel Crocifisso. Gesù è lì, su quel legno, con i chiodi nelle mani e nei piedi e in preda all’angoscia della morte. Tuttavia non si lamenta; non pensa a sé, non si lascia prendere dalla disperazione. Da quella croce, Gesù guarda la madre e il giovane discepolo Giovanni. Possiamo immaginare la sua tenerezza e i suoi pensieri: che cosa ne sarà di loro, della madre e dei discepoli? Sì, anche sulla croce, Gesù non pensa a sé, ma si preoccupa per noi. Dice quindi alla madre: Ecco tuo figlio. Lui moriva, ma lei riceveva un figlio. E poi a Giovanni: Ecco tua madre. Quel discepolo non avrebbe più avuto il Maestro vicino, ma riceveva la sua nuova presenza nella Famiglia da Lui fondata, la Chiesa. Del resto, la sera del giovedì santo, non aveva detto ai discepoli: «Non vi lascerò orfani»? (Gv 14,18). Noi cristiani non siamo mai lasciati soli. Gesù, infatti, dall’alto della croce, ci dona gli uni agli altri, appunto come fece con Maria e il giovane discepolo. Annota il Vangelo: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,27). Sì, dalla croce rinasceva la vita, si rivelava la vittoria dell’amore. L’amore infatti è più forte della morte.
Cari fratelli e sorelle, in ogni vostro pellegrinaggio a Lourdes o in altri santuari mariani, vi viene ridonato l’amore di Cristo. E rinasce tra voi un legame, un vincolo di amicizia, un patto, che non termina dopo quei giorni di intensa spiritualità, di grande comunione e di profonda fede. Continuate a vedervi, ad amarvi, a stare gli uni vicini agli altri, mediante la preghiera e le visite reciproche. Questo significa «prendere l’altro a casa propria», come Giovanni fece con Maria. In un mondo dove la solitudine appare come una legge ferrea e inesorabile, e dove chi è debole viene emarginato e dichiarato inutile, noi cristiani, che sotto la croce siamo stati affidati a Maria e abbiamo ricevuto Lei come Madre di consolazione e di speranza, viviamo l’amore, portiamo l’amore; e con l’amore anche la gioia e la pace. Sì, ciascuno di noi, non importa se sano o malato, non importa se giovane o anziano, fa parte di quella famiglia che rinasce dalla Croce. E’ la famiglia dei figli di Dio. E questo è già il Paradiso, la stupenda realtà di cui ci ha parlato San Paolo nella prima Lettura, dove né tribolazione né angoscia, né persecuzione né pericolo possono mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù (cfr Rm 8,35). L’amore del divino Maestro infatti ci fa vivere e gustare già da ora un po’ di Paradiso. E la Madre di Dio, che ci ha preceduto nel Cielo, ci guarda con tenerezza e ci viene accanto, e ci esorta a non distogliere i nostri occhi da Gesù.
Cari amici! La liturgia odierna, mediante i testi della Sacra Scrittura e le preghiere, ci ha invitato a contemplare l’icona di Cristo morente che ci offre Maria: «Ecco tua madre!» (Gv 19,27). Possa questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, nell’80° anniversario di fondazione dell’O.F.T.A.L., suscitare in ciascuno di voi un rinnovato desiderio di lasciarsi affascinare dalla bellezza della vita nascosta con Cristo in Dio, di cui Maria è primizia. Lei, madre Addolorata, ricolmi il cuore di ogni sofferente con la sua compassione, riflesso della Divina Misericordia. Amen.

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